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LE ISPEZIONI IN AZIENDA: poteri e limiti del personale ispettivo

Nell’ambito delle ispezioni in materia di lavoro, quali comportamenti deve assumere il datore di lavoro? e quali sono i poteri e i limiti posti in capo agli ispettori?

 


La materia delle ispezioni in azienda, che suscita sempre apprensione e grande diffidenza nelle aziende, in questi ultimi anni ha subito diverse evoluzioni, con l’intento da un lato di rendere più trasparente l’attività di verifica in azienda, dall’altro di consentire alle aziende di adottare tutte le prerogative di difesa per tutelare i propri interessi.

 

 

Non potendo con la presente trattazione fare un’analisi approfondita di tutta la materia, che risulta peraltro complessa e molto tecnica, vediamo di fare un quadro generale degli organismi preposti al controllo in azienda, dei loro poteri e anche dei limiti, di come devono comportarsi i datori di lavoro in caso di accesso ispettivo.

 

Il compito di vigilare sulla regolare applicazione delle norme in materia di lavoro spetta:

  1. Al settore “ispezioni del lavoro” delle Direzioni Regionali e Provinciali del lavoro
  2. Agli uffici ispettivi devi vari enti previdenziali (INPS, INAIL; INPGI, ENASARCO, ENPALS) per ciò che attiene agli spetti contributivi e previdenziali.
  3.  Alla Guardia di Finanza che può accedere ai documenti in materia di lavoro al fine di vigilare la corretta applicazione della normativa fiscale;
  4. Alle ASL per tutto ciò che attiene alla prevenzione, all’igiene e alla salute dei lavoratori.

 

Va precisato che mentre gli organi di vigilanza degli enti previdenziali sono pubblici ufficiali che svolgono la funzione di polizia amministrativa, gli organi ispettivi del Ministero del Lavoro sono ufficiali di polizia giudiziaria; ciò significa che qualora nel corso dell’attività ispettiva emergano notizie di reato, solo gli ispettori del lavoro possono compiere gli atti necessari per assicurare le fonti di prova, per ricercarne gli autori e per impedire che  reati vengano portati a conseguenze ulteriori. Tutto ciò nel rispetto delle disposizioni dettate dal codice di procedura penale per le attività di polizia giudiziaria.

 

 

Poteri e compiti del personale ispettivo

 

Il potere di accesso nei luoghi di lavoro è il potere più caratteristico attribuito agli organi ispettivi. Sul punto il DPR 520/1955 stabilisce che “gli ispettori del lavoro hanno facoltà di visitare in ogni parte , a qualunque ora del giorno e della notte, i laboratori, gli opifici, i cantieri, gli uffici, i locali di pubblico spettacolo, i dormitori ed i refettori annessi agli stabilimenti, non di meno essi dovranno astenersi dal visitare i locali annessi a luoghi di lavoro e che non siano direttamente o indirettamente connessi con l’esercizio dell’azienda, sempreché non abbiamo fondato sospetto che servano a compiere o a nascondere violazioni di legge”

 

Allo stesso modo il potere di accesso è riconosciuto agli addetti alla vigilanza degli istituti previdenziali per esaminare tutta la documentazione che sia pertinente con gli obblighi contributivi o con l’erogazione delle prestazioni previdenziali e per assumere dai datori di lavoro e dai lavoratori notizie attinenti alla sussistenza dei rapporti di lavoro, alle retribuzioni, agli adempimenti contributivi e assicurativi.

 

Da quanto sopra si evince che il personale ispettivo, senza alcun preavviso e senza necessità di un mandato specifico, può liberamente accedere in azienda o nei cantieri al fine di assicurare l’osservanza delle norma in materia di tutela del lavoro in ogni sua forma. Il potere di accesso non può comunque spingersi fino alla dimora privata del cittadino che costituisce, dunque, un luogo inviolabile da parte degli ispettori.

 

Gli ispettori possono esaminare tutta la documentazione relativa alla legislazione sociale e del lavoro, ivi compresa quella contabile e anche quella inerente la sicurezza sul lavoro. Possono intervistare liberamente i lavoratori occupati in azienda, che devono essere sentiti separatamente e senza la presenza del datore di lavoro, né del professionista che assiste l’azienda.

Possono anche raccogliere dichiarazioni del datore di lavoro, ma questi non è obbligato a farle, anzi deve stare attento a quello che dice, specie nel caso ciò possa determinare una sorta di “autoincriminazione”.

 

Va tuttavia precisato che anche il personale ispettivo che accede in azienda deve rispettare alcune regole:

  • Innanzitutto ha l’obbligo di qualificarsi e, a richiesta della persona alla quale si presenta, di esibire la carta di riconoscimento (tesserino). In mancanza del tesserino l’ispezione non può aver luogo.
  • Ha poi l’obbligo di dichiarare ogni situazione di incompatibilità con lo svolgimento dell’attività ispettiva e di astenersi dallo svolgere l’attività di vigilanza qualora sussistano interessi personali in relazione all’attività dell’azienda ispezionata, relazioni di parentela, affinità o convivenza con il datore di lavoro.
  • Nel dare inizio alla sua attività, il personale ispettivo chiede di conferire con il datore di lavoro o chi ne fa le veci, informandolo della facoltà di farsi assistere, nel corso dell’attività ispettiva, da un professionista abilitato e che, comunque, l’assenza del professionista non impedirà la prosecuzione o la validità dell’attività ispettiva.
  • Quando assume dichiarazioni, deve aver cura di riportarle fedelmente, omettendo ogni interpretazione personale: le domande devono essere poste in modo chiaro e comprensibile in modo da non generare dubbi interpretativi o condizionare la risposta del lavoratore. La dichiarazione deve essere letta e firmata dal lavoratore.

 

 

Rispetto al diritto di accesso degli ispettori, come deve comportarsi il datore di lavoro?

 

Sul punto la legge prevede che il datore di lavoro non può assolutamente impedire l’accesso e lo svolgimento dell’attività di vigilanza; nel caso ciò avvenga può essere applicata al datore di lavoro una sanzione amministrativa assai elevata, che può andare da un minimo di 1.290,00 euro ad un massimo di 1.2910,00 euro.

Inoltre, nei casi più gravi, il fatto può assumere anche rilevanza penale, integrando gli estremi del reato di interruzione di pubblico servizio (art. 340 c.p.), di resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.) o di violenza o minaccia a pubblico ufficiale (art. 336 c.p.).

In questi casi, tuttavia, trattandosi di ipotesi di reato, dovranno essere rispettate le garanzie previste dal codice di procedura penale e le attività potranno essere poste in essere solo dagli ispettori del lavoro che rivestono la qualifica di polizia giudiziaria. Gli stessi pertanto, potranno procedere alla perquisizione dei locali al fine di acquisire elementi di prova dell’illecito amministrativo, previa autorizzazione della magistratura.

 

Rispetto alle dichiarazioni rilasciate dai lavoratori agli ispettori, spesso i datori di lavoro chiedono agli ispettori di averne una copia; sul punto va chiarito che nessuna copia delle dichiarazioni viene rilasciata al datore di lavoro, l’eventuale istanza di accesso va rivolta successivamente all’ufficio, nei limiti in cui ciò sia strettamente necessario per l’esercizio del diritto di difesa. Va da se che nel caso in cui la contestazione sia adeguatamente motivata ed il datore di lavoro può difendersi sulla base dei documenti in suo possesso, l’accesso quasi sempre viene negato.

 

 

Verbale di primo accesso e verbale di accertamento e notificazione

 

L’art. 33 della legge 183/2010 (Collegato Lavoro), modificando l’art. 13 del D.Lgs. 124/2004, sancisce che alla conclusione delle attività di verifica compiute nel corso del primo accesso ispettivo, viene rilasciato al datore di lavoro o alla persona presente all’ispezione, il verbale di primo accesso ispettivo che contiene:

  1. L’identificazione dei lavoratori trovati intenti al lavoro e la descrizione delle modalità del loro impiego.
  2. La specificazione delle attività compiute dal personale ispettivo.
  3. Le eventuali dichiarazioni rese dal datore di lavoro o da chi lo assiste, o dalla persona presente all’ispezione.
  4. Ogni richiesta, anche documentale, utile al proseguimento dell’istruttoria finalizzata all’accertamento degli illeciti.

 

Nel caso in cui l’accertamento si riveli complesso e prolungato nel tempo, ai sensi dell’art. 13 del Codice di comportamento il personale ispettivo potrà notificare al datore di lavoro un apposito verbale interlocutorio, che contenga la descrizione completa delle ulteriori attività d’indagine compiute, l’indicazione della documentazione di lavoro eventualmente esaminata, la richiesta di documenti o informazioni con l’espresso avvertimento che gli accertamenti sono ancora in corso.

 

Come si può evincere dal contenuto del primo verbale di accesso, lo stesso non è il documento conclusivo dell’attività ispettiva e non contiene l’indicazione degli eventuali illeciti commessi dal datore di lavoro. Ciò nondimeno esso acquista una importanza fondamentale per la regolarità dell’intera attività ispettiva, essendo comunque un documento volto a garantire la trasparenza dell’azione di vigilanza.

 

Ne consegue che la mancata redazione del verbale di primo accesso ispettivo o la sua grave incompletezza fa si che l’intera procedura sanzionatoria posta in capo al datore di lavoro possa dar luogo a profilo di invalidità per esplicita violazione di legge.

 

Una volta concluse tutte le operazioni di verifica e di controllo della documentazione, gli ispettori procedono alla contestazione delle violazioni amministrative con la notifica di un unico verbale di accertamento e notificazione, notificato al trasgressore e all’eventuale obbligato in solido. Quanto sopra costituisce una novità in quanto in passato venivano redatti due verbali distinti, uno di accertamento e uno di notificazione degli illeciti, creando nel trasgressore confusione anche in relazione ai tempi per l’impugnazione dei verbali.

 

In merito al contenuto del verbale unico, la norma prevede che lo stesso deve contenere:

  • Gli esiti dettagliati dell’accertamento, con l’indicazione puntuale delle fonti di prova degli illeciti rilevati.
  • La diffida a regolarizzare gli inadempimenti sanabili.
  • La possibilità di estinguere gli illeciti ottemperando alla diffida e provvedendo al pagamento della somma ridotta, ovvero pagando la medesima somma nei casi di illeciti già oggetto di regolarizzazione.
  • La possibilità di estinguere gli illeciti non diffidabili.
  • L’indicazione degli strumenti di difesa e degli organi ai quali proporre il riscorso, con specificazione dei termini di impugnazione.

Per quanto riguarda l’istituto della diffida obbligatoria, di cui al precedente punto b), il Collegato Lavoro all’art. 33, 2° comma, prevede che in caso di constatata inosservanza delle norme di legge o del contratto collettivo in materia di lavoro e legislazione sociale e qualora il personale ispettivo rilevi inadempimenti dai quali derivino sanzioni amministrative, questi provvede a diffidare il trasgressore e l’eventuale obbligato in solido alla regolarizzazione delle inosservanza sanabili, entro il termine di 30 gg. dalla data di notificazione del verbale di accertamento.

 

Il successivo 3° comma  prevede che ottemperando alla diffida il trasgressore e l’obbligato in solido è ammesso al pagamento di una somma pari all’importo della sanzione nella misura del minimo previsto dalla legge ovvero nella misura pari ad un quarto della sanzione stabilita in misura fissa, entro il termine di quindici giorni dalla scadenza del termine per fissato per la diffida (30 gg.). Il pagamento dell’importo estingue il procedimento sanzionatorio riferito alle inosservanze che sono state oggetto di diffida.

In pratica, tutti gli organi di vigilanza, qualora evidenzino, in sede di verifica, violazioni amministrative  sanabili per le quali trovi applicazione l’istituto della diffida, saranno tenuti ad utilizzare tale strumento, che diventerà pertanto una vera e propria condizione di procedibilità per l’irrogazione delle eventuali sanzioni.

Da quanto sopra emerge che per estinguere il procedimento sanzionatorio non è sufficiente solo pagare la sanzione minima (in un’unica soluzione), bisogna inoltre fornire la prova dell’avvenuta regolarizzazione delle violazioni accertate entro il termine di 45 giorni dalla notifica del verbale unico.

Per quanto concerne, infine, il valore probatorio del verbale ispettivo, vanno evidenziati alcuni punti importanti. Innanzitutto, ai sensi dell’art. 10, comma 5 del D.Lgs. 124/2004, i verbali di accertamento ispettivo sono fonti di prova ai sensi della normativa vigente relativamente agli elementi di fatto acquisiti e documentati e possono essere utilizzati per l’adozione di eventuali provvedimenti sanzionatori, amministrativi e civile, da parte di altre amministrazioni interessate.

 

Ciò significa che i verbali redatti dagli ispettori di vigilanza hanno valore probatorio, fino a querela di falso, ma solo con riferimento alle operazioni compiute direttamente dagli ispettori che redigono il verbale. Qualora il verbale faccia invece riferimento a dichiarazioni raccolte da terzi, o riguardi il contenuto di documenti raccolti, esso fa fede fino a prova contraria; di conseguenza il trasgressore può annullare il valore probatorio degli stessi fornendo una prova contraria.

 

In pratica, ai fini della prova, non hanno valore né l’esposizione nel verbale di quanto appreso da terzi, che dovranno pertanto rendere la propria disposizione sotto giuramento davanti al giudice, né le elaborazione, ricostruzioni o interpretazioni operate degli organi di vigilanza.